Roncade non è una città grande. Non è nemmeno una città, tecnicamente.
E’ un paese in cui, quando si vota, nemmeno si va al ballottaggio.
E’ un paese in cui, caso ormai abbastanza atipico ma prezioso, il tessuto parentale originario delle diverse famiglie è per ampi frammenti ancora presente e riconoscibile. Ci sono lunghi ceppi dello stesso cognome insediati spesso in precisi quadranti del sistema viario.
E’ facile, se a Roncade ci sei nato, incrociare qualcuno che magari nemmeno conosci ma che poi scopri essere un cugino di secondo grado, un cognato dello zio, un nipote dell’ex marito non ancora formalmente divorziato da tua sorella e così via.
Il pasticcio di questi giorni su Pieranna Zottarelli, in realtà preannunciato a bisbigli da parecchio tempo, sta nella contiguità parentale, lasca ma non a sufficienza, tra lei e alcuni proprietari di parte dei terreni sui quali sorgerà il polo logistico Amazon e che per questo hanno moltiplicato il loro valore.
Ma, prima di pronunciare valutazioni conclusive, cerchiamo gli elementi che possano sollevare il primo cittadino da sospetti di dolo e di colpa.
Ammettiamo pure che lei non fosse a conoscenza – o che se ne sia resa conto troppo tardi, o che qualche consulente l’abbia rassicurata in modo troppo frettoloso – dei possibili rischi rispetto alla compatibilità tra il suo ruolo e la diramazione familiare.
Ammettiamo poi che, subodorando il pericolo solo alla fine, Zottarelli abbia scelto di riparare in corner e di non votare nella tragicomica seduta del Consiglio comunale del 27 dicembre scorso. Ricordiamolo, si assentò due volte dall’aula al momento di alzare la mano e dare il via libera definitivo al progetto Amazon dichiarando un proprio insostenibile disagio fisico connesso ai postumi di un’influenza. Non si può fare il processo alle intenzioni, è chiaro. A nessuno è consentito sindacare sullo stato fisico di altri.
Però quando i consiglieri leghisti le chiesero, per tre volte, se ci fossero problemi legati ad una sua ipotetica incompatibilità con il voto, lei li rassicurò, sia pure farfugliando ad occhi bassi.
Si stava affrontando una questione centrale su un investimento-monstre ma il sindaco non usò i consueti e ben scanditi tre decibel sopra la sonorità media delle sue dichiarazioni in aula.
Questa è la trascrizione testuale del minuto e mezzo di conversazione tra il consigliere Roberto Silvestri e Zottarelli
S: Lei partecipa al voto sindaco?
Z: Si partecipo al voto. Non ho alcun interesse diretto o indiretto
S: Volevamo capire se lei era incompatibile o meno
Z: Io non sono incompatibile
S: Lei è compatibile o no?
Z: Sono compatibile
S: Lei è uscita solo per un malessere personale?
Z: Certo
Per dovere di precisione qui si può ascoltare il frammento di dialogo:
La stampa locale, ad oggi non smentita, parla però espressamente di incompatibilità.
Ammettiamo infine una ulteriore ipotesi attenuante.
Zottarelli il 27 dicembre stava davvero male, e come detto, su questo non è lecito sindacare. Zottarelli è stata informata di avere parenti non abbastanza lontani interessati al fatto che il voto in aula fosse positivo solo dopo il 27 dicembre 2023. Un errore evitabile ma commesso in buona fede, come riconoscono i consiglieri di maggioranza.
Va bene, può essere.
Allora, però, a questo punto, come contropartita morale a tutte le benevole presunzioni di innocente ingenuità, cinque righe cinque di chiarimento e di scuse affidate ad una nota ufficiale scritta di suo pugno, da parte del sindaco sono doverose verso l’intera cittadinanza.
L’arte antica delle scuse è quella che a volte fa la differenza tra le persone vere e tutte le altre.