Il patriarcato si è affermato millenni or sono ma non ha un’origine naturale e dunque significa che, com’è iniziato, può anche tramontare. Essenziale è che ciascuno parta da se stesso ed eviti di rimpallare la causa delle mancate correzioni di questa stortura, solo alla scuola, alla famiglia o alla politica.
E’ in sintesi il contenuto di un intervento pronunciato ieri nel corso della seduta del Consiglio comunale da Angela Davanzo, componente di maggioranza, in relazione alle discussioni in atto nella platea dell’opinione pubblica, prevalentemente attraverso i media, dalla data della scomparsa di Giulia Cecchettin.
Di cosa stiamo parlando?
Davanzo definisce il patriarcato come “un sistema di organizzazione della società caratterizzato dalla distribuzione diseguale del potere tra i generi. Parlare delle sue implicazioni ci disturba – aggiunge – e forse ci fa sentire un po’ smarriti perché ci chiama in causa tutti”.
Ce ne rendiamo tutti conto?
Qui viene riconosciuta una sorta di attenuante quando si evidenzia come gli studi antropologici-sociologici facciano risalire la nascita e l’accettazione del sistema di organizzazione patriarcale “a diversi millenni fa. Quindi – prosegue – possiamo accettare l’idea di non esserne pienamente consapevoli, di starci dentro tutti dalla testa ai piedi”.
La buona notizia è che “il patriarcato non ha un’origine naturale. Dunque – deduce il consigliere – come ha avuto un inizio può avere anche una fine” ed un riscontro di questo lo si ricava osservando che lo stesso è “in crisi già da anni” e che proprio nella sua erosione andrebbe individuata, in base a più scuole di pensiero, una concausa importante dell’ “aumento della violenza contro le donne”.
L’appello
L’esortazione che Davanzo rivolge alla comunità roncadese è quella di cogliere “l’occasione preziosa di una svolta evitando di spostare il focus fuori da noi”.
Cioè non accollare responsabilità “solo alla scuola, alla famiglia o alla politica” perché questo incarna uno dei molti canali di autoassoluzione. “Sono modi per sentirci meno coinvolti – dice l’esponente di maggioranza – e ugualmente è un errore concentrarci solo ed unicamente sulle nuove generazioni”.
Da dove si comincia?
La leva-madre indicata è ovviamente quella dell’educazione ma “da estendere oltre le mura scolastiche. Ci tengo a dire – prosegue Davanzo – che sono fermamente convinta che non ci può essere spazio per l’educazione laddove prima non ci sia consapevolezza delle necessità di educarsi. Nel momento in cui mi metto in discussione come singolo e realizzo di aver bisogno di avere più strumenti per capire la società di cui faccio parte, allora divento anche capace di cogliere le opportunità che ci sono di riconoscere le storture del sistema in cui sono nato e in cui vivo”.
E gli strumenti quali sono?
Inevitabilmente quelli di natura culturale e per ottenerli, peraltro gratuitamente, non occorre andare lontano.
“La biblioteca comunale in occasione del 25 novembre ha messo insieme una bibliografia e una filmografia per adulti e per ragazzi che offrono molti spunti di conoscenza e di riflessione sulla violenza di genere, sulla disparità, sul linguaggio inclusivo. Non sono libri per donne – chiude Davanzo – ma libri per tutti”.
L’intervento completo può essere ascoltato qui sotto tra i minuti 40:50 e 46:02