A Roncade il commercio muore. Ma chi è il commercio?

Piste ciclabili inutili, parcheggi che mancano… il commercio muore…
E’ la solita storia.

Le reazioni ad ogni modifica dell’area di via Roma da almeno 20 anni si potrebbero mettere in fila (lettere, commenti sui social, osservazioni dirette pronunciate dal vivo sotto il portico) e ciò che otterremmo sarebbe uno spesso pacchetto di fotocopie in cui cambiano solo la data e – ma raramente – gli autori.

E’ la solita storia.
E la storia è sempre quella perché, al di là delle tesi sostenute, le premesse sono identiche: chi formula commenti pare essersi perso o aver scordato le puntate precedenti in cui quelle stesse questioni erano state esaminate, discusse e magari pure risolte.
Così il ragionamento si avvita a spirali inconcludenti attorno a ricostruzioni sommarie e distorte di ciò che, a dire di chi contesta, i pubblici amministratori avrebbero presentato e promesso in indefiniti tempi passati per poi comportarsi dispettosamente in modo diverso.

Ma riavvolgiamo il nastro.
La teoria sempre riproposta è quella secondo la quale più si allontanano i parcheggi dal centro più si condanna a morte il commercio.
Vero o no?

Lasciamo stare per il momento, e chiediamoci prima chi sia “il commercio” del centro di Roncade.
Trascurando i bar, diventati silenziosi e contenti di aver perso gli stalli di fronte in cambio di dieci tavolini da posare gratis su quelle superfici, nei quattrocento metri tra villa Ziliotto a piazza I maggio i negozi in senso stretto superano a fatica le dita di due mani.
I loro gestori sono cittadini dalla mente lucida, professionisti esperti e tenaci, e di solito sostengono argomenti sensati.
Quello che in loro è del tutto insensato – ed è ciò che trasforma le possibili ragioni in sicure mancanze – è di non averli mai esposti, questi argomenti, con un’unica voce.
Le loro forme associative (Acer e New Acer), che sarebbero state fondamentali per incidere sul piano delle scelte politiche, si sono regolarmente sgonfiate, nelle riunioni gli assenti erano quasi sempre maggioritari e i presenti non di rado tra loro in disaccordo o in conflitto su aspetti magari marginali.
Chi le associazioni le ha ottimisticamente e generosamente promosse lo può confermare.

Ed è superfluo far notare che ogni potenziale forza di opinione in questo modo si riduce a zero. Le faccine sui social poste individualmente – accompagnate, nel migliore degli sforzi creativi, da quattro righe d’impulso perché una e-mail è già un’impresa sovrumana – non hanno alcun valore, neanche statistico.
Anzi, appunto perché dettate da reazioni a caldo, a volte faccine e commenti di pelle restituiscono un’immagine di chi li invia peggiore rispetto a quella autentica.
Se poi tutta la protesta si riduce ad una faccina, si è autorizzati pure a pensare che il problema, se c’è, è davvero poca cosa.

Dunque?
Visto che fra poco si vota è bene tener presente che oggi elettoralmente paga molto di più stare dalla parte delle biciclette. Della mobilità lenta, di chi vuole le auto lontane dalla piazza.

Primo perché numericamente i cittadini con queste sensibilità sono ovviamente di più (Roncade ha 15 mila abitanti, in via Roma tra chi abita e chi lavora non si arriva a 500), aumenteranno ancora e in democrazia funziona una testa un voto.
Secondo perché, anche anagraficamente, chi pedala o passeggia con bambini e cagnolini è generalmente più giovane di chi vaga cercando parcheggio, e dunque avvicinarlo è un investimento sugli anni a venire.
Terzo perché chi si muove sulle proprie gambe magari non avrà interessi economici da difendere ma, volendo, può riferirsi a sigle consolidate di matrice ambientalista più compatte e rappresentative degli sfarinati comitati di negozianti locali. Nessuno dei quali, peraltro, pare intenzionato a voler dire la propria ai “piani alti” attraverso una candidatura al prossimo Consiglio comunale, e sperare che qualcun altro per proprio conto abbia voglia di complicarsi la vita per venti parcheggi è piuttosto ingenuo.