Amarcord 20: quando il difensore civico sbatté la porta

Correva il mese di ottobre 2003, cioè 20 anni fa.
Il difensore civico, Antonio Breda, in palese attrito con l’amministrazione comunale di allora, guidata da Ivano Sartor, si dimette dopo otto anni di servizio e denuncia di essere stato denigrato dai “gattopardi” di palazzo.

Questo il testo della lettera con cui spiega l’accaduto.

“Al Sindaco e, per conoscenza, ad assessori, capigruppo e consiglieri comunali

Roncade, 4 ottobre 2003

Sono rimasto fortemente deluso per il Suo comportamento nei confronti del Difensore Civico, massima espressione di DEMOCRAZIA.
Sono molti i motivi della mia delusione, in parte già noti, per cui mi limiterò ad alcune considerazioni di carattere generale.

La DEMOCRAZIA è un bene prezioso che non si acquista, ma si conquista giorno dopo giorno e con il contributo di molte generazioni e va difesa con tutte le forze.
E’ un bene molto difficile da gestire, soprattutto da chi detiene il POTERE e in particolar modo dove la VERA DEMOCRAZIA, non quella fatta a parole, non è fortemente radicata.
Roncade, in considerazione anche della consistenza numerica della popolazione non certo elevata, è stato fra i primi Comuni a nominare il Difensore Civico.

Quando sono stato nominato, nel 1995, ero poco più che al centesimo posto su scala nazionale. Purtroppo a questa parvenza di ALTA, MASSIMA e VERA DEMOCRAZIA, non sono seguiti i fatti. Bisogna tener presente che, se il Difensore Civico segnala una qualche disfunzione, ciò non deve essere preso come un’offesa, bensì come argomento di discussione e confronto e, se risulta fondata, costituisce il punto di partenza per cercare di migliorare i servizi a favore dei cittadini.
Viceversa il Difensore Civico è diventato un’antagonista e si è perfino trovato il modo di denigrarlo pubblicamente, mentre dovrebbe essere considerato un collaboratore, un alleato, la COSCIENZA CRITICA DELL’AMMINISTRAZIONE. Non è andata così, evidentemente ci vorranno ancora molte generazioni per raggiungere questo traguardo.

Mi viene in mente “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, romanzo ambientato in Sicilia all’epoca del passaggio dal regime Borbonico a quello Sabaudo, accettato dalla aristocrazia siciliana con la convinzione che tutto doveva mutare perchè tutto rimanesse uguale.

CI SIAMO FERMATI A QUEI TEMPI?
Se non si cambia mentalità è meglio non si provveda alla nomina del mio sostituto.
Quando ho dato le dimissioni, peraltro accettate senza proferire una sola parola, tanto da farmi pensare che erano auspicabili, non ho scelto a caso la data del 31 agosto 2003, ma calcolata in modo tale che ci fosse il tempo tecnicamente necessario per la nomina del sostituto.
Non mi risulta siano state intraprese iniziative in tal senso e questo conferma quanto precede.

Dire che sono rimasto deluso di questa esperienza è un eufemismo, in realtà sono amareggiato e avvilito. Povera DEMOCRAZIA … Termine abusato e dal significato assai vago.

Il 31 ottobre 2003, in un’intervista, Breda chiarisce meglio le sue ragioni replicando ad un giudizio di Sartor secondo il quale lui si sarebbe “inventato una passeggera burrasca” e avrebbe perciò abbandonato per motivi “futili”.

Signor Breda, ce la facciamo a chiarire una volta per tutte cosa è davvero successo?

Tutto è iniziato già alcuni anni fa, quando ho cominciato a chiedere maggiore visibilità, cioè che fossero intraprese iniziative opportune per portare a conoscenza della popolazione le funzioni del difensore civico. Cosa sulla quale ho insistito anche nella relazione annuale fatta al consiglio comunale nella primavera del 2002.

Risposte ne ha avute?
Si: Sartor mi ha invitato a scrivere un intervento che poi sarebbe stato pubblicato nel notiziario del Comune.

E invece?
E invece nel giornale mi trovo stampato l’articolo dello statuto che tratta del difensore civico. Del mio scritto neppure una riga. Allora sono andato da lui e gliene ho chiesto il perchè.

La risposta qual’è stata?
Testuale: “nel mio giornale posso o no scrivere quello che voglio?”

Lei ha replicato in qualche modo?
Cosa vuoi replicare davanti a una risposta così… Non mi è andata giù, non è stato un comportamento democratico. Gli ho detto: con te ho chiuso.

Non sarà mica stato un fulmine a ciel sereno. Ci saranno stati prima altri motivi di attrito…
Probabilmente mi sono occupato di cose che hanno dato fastidio.

Ad esempio?
Mah, potrei parlare delle mie insistenze per far spostare a Biancade la sede della Guardia Medica, dato che a Roncade si trovava in un luogo inaccessibile per i portatori di handicap. Dopo sei mesi che ci lavoravo sopra, coinvolgendo anche la Regione, ho scoperto che c’era un altro amministratore che si stava occupando della stessa cosa. Ci siamo scontrati, mi sono sentito dire che mi stavo arrogando poteri che non mi spettavano. Comunque per me su questo ci si poteva mettere una pietra sopra.

Ma intanto il rapporto si era guastato
Sì e alla fine si è rotto. Però non direi proprio che si è trattato di futili motivi.