H-Farm, si cambia pelle

«Non siamo più quella cosa lì. Abbiamo 45 milioni in cassa, nessuna urgenza di tipo finanziario e possiamo rimborsare anticipatamente il Prestito obbligazionario convertibile (Poc) di due anni fa, che sarebbe scaduto nel 2025». Riccardo Donadon, fondatore e presidente di H-Farm, la piattaforma di innovazione di Roncade (Treviso) avviata nel 2005 come incubatore e acceleratore d’impresa e oggi ormai convertita in polo di formazione internazionale a tutto tondo, guarda all’ultima relazione semestrale come ad un passaggio inevitabile nel cambiamento di pelle della società.

È un documento ultimo anche nel senso che non ve ne saranno più con scadenza 30 giugno perché, proprio per sincronizzare il business con l’arco temporale dell’anno scolastico, si è stabilito di far decorrere i prossimi esercizi sociali dall’1 settembre al 31 agosto dell’anno successivo.

Comunque sia, per venire ai numeri, anche la prima metà del 2022 ha fatto accumulare all’azienda nuove perdite per 6,3 milioni, dunque superiori ai quasi 5,9 dell’anno prima, dopo un valore della produzione di 41 milioni a fronte dei 30 dello stesso periodo 2021.

È un dato al quale contribuiscono i risultati delle società cedute alla milanese Jakala Holding, in pratica gli asset attivi nelle divisioni «Innovation », «Digital marketing » ed «Enabling solution », ad una valorizzazione di 38 milioni, di cui 23 incassati l’1 luglio e dunque non ricompresi nei conti semestrali. A fronte poi di un patrimonio netto civilistico di 45 milioni di euro e a disponibilità liquide registrate a fine primo semestre di 12 milioni.

È grazie a tale riscossione che H-Farm è nelle condizioni di poter rimborsare gli obbligazionisti che nel 2020 avevano sottoscritto il Poc grazie al quale la società poté dotarsi di 18,6 milioni di nuovo capitale.

L’operazione ha fatto maturare interessi del 17,5% e ora i detentori dei titoli hanno la facoltà di scegliere, entro il 28 di questo mese, se conservarli o restituirli.

Ecco perché, spiegano gli amministratori nella relazione, «i dati esposti non considerano in alcun modo l’operazione, né ai fini del deconsolidamento delle società cedute, né nella determinazione delle plusvalenze realizzate né nella determinazione della posizione finanziaria netta». Se il bilancio semestrale somiglia a tutti o quasi i precedenti, con cifre rosse all’ultima riga, ormai non avrebbe più nulla a che vedere con «la situazione prospettica della società». E la semestrale dà conto anche delle iscrizioni nelle strutture scolastiche: le iscrizioni tra Venezia, Vicenza e Rosà «hanno superato l’obiettivo» attestandosi ad oltre 1.100 studenti, +10%),a cui si assommano altri 650 studenti tra percorsi universitari e di master e i 200 di Big Rock, «per un totale di circa 2.000 studenti». L’ultima indicazione riguarda le strutture ricettive dedicate agli studenti «completamente sold out – dice la semestrale – con 400 posti letto nello studentato interno e nelle strutture controllate da H-Farm».

Si gira pagina, insomma, pure con indicatori di borsa che non paiono essere mai stati generosi. Il titolo di H-Farm, quotato nel mercato Aim (oggi Euronext growth) di Milano dal novembre di sette anni fa, oggi vale meno di un quarto del prezzo di collocamento di un euro per azione. «Probabilmente il listino lo abbandoneremo; e in ogni caso i nostri problemi non sono così diversi da quelli di chi, negli ultimi anni, ha intrapreso un’avventura nell’ex Aim. La quotazione è stata un’esperienza utile, ci ha dato forma e regole; ma il mercato fatica a comprendere questo linguaggio. Oggi abbiamo più soldi in cassa che valore in Borsa – rileva ancora Donadon – ma il titolo rimane molto basso». Le previsioni per i prossimi esercizi sono ancora condizionate da circostanze che hanno rallentato l’avvio della piattaforma di formazione, a cominciare dal ritardo di circa un anno con cui è stato possibile iniziare la costruzione del Campus, ora di fatto ultimato, e il successivo stop dovuto alla pandemia. Il prossimo sarà ancora un anno con perdite, pronostica Donadon, seguito da un rientro in pareggio ed un ritorno all’utile con l’anno accademico 2023-2024. «Pentimento» per aver puntato inizialmente sulle startup anziché direttamente sulla scuola? «Oggettivamente la prima fase di supporto ad imprese nascenti è stata pericolosissima – aggiunge il presidente – ma fatti i conti, a fronte di investimenti per 28 milioni, ne abbiamo portati a casa 38 e, alla fine, con successive uscite, penso che chiuderemo a 45. Ma decisamente i rischi che ci siamo presi sono stati enormi – conclude – soprattutto considerando il fatto di operare in un territorio che non capisce ciò che stiamo facendo».