Editoriale
Ho in tasca la tessera dell’Anpi.
Dal 1986 al 1988 ho fatto 20 mesi di servizio civile da obiettore di coscienza per non rischiare di dover mai toccare un’arma.
Mal sopporto la vista di una divisa a meno che non sia quella della Juventus.
Quando Elly Schlein è diventata segretaria del Pd per la prima volta in vita mia mi sono iscritto ad un partito.
Oggettivamente un voto a Marco Donadel non l’avrei potuto dare, ma lui questo credo lo sappia.
Quindi oggi non dovrei essere contento.
Infatti non lo sono. Però una buona sensazione ce l’ho.
Di leggerezza, di sollievo.
Durerà poco, questi refoli hanno vita breve.
Ma c’è.
Perché sollievo?
Sto da anni fermo sull’argine del Musestre e alla fine quello che aspettavo di veder passare è passato galleggiando.
Non è il corpo del nemico, termine improprio, irrispettoso ed esagerato.
E’ quello di un autolesionista al quale è stato raccomandato più volte di non usare il phon con i piedi scalzi e bagnati. Non sempre i salvavita sul contatore centrale funzionano come si deve.
E infatti una volta – proprio oggi – non hanno funzionato.Lo so.
E’ odioso dire, di fronte ad un danno irreparabile, “te lo avevo detto”. Sa di maestrina petulante, e poi non serve più a nulla se non ad infierire su chi si è già fatto male.
Ma le cose stanno così. In tante occasioni, in tanti anni, e con il dovuto garbo pure se non privo di spigoli, su queste pagine si è scritto: attenzione.
Attenzione ad atteggiamenti (più che a comportamenti) inopportuni, saccenti, troppo sicuri.Attenzione non c’è stata e non c’è stata replica.
Solo silenzio, distanza. Muro di gomma. Mai due sillabe di scuse.
I bravissimi, diligentissimi, perfettissimi ragazzi delle concatenate maggioranze dell’ultimo ventennio se ne sono rimasti lassù, oltre le nubi candide che circondano la sommità dell’Olimpo.
Raglio d’asino non giunge in cielo, così hanno loro insegnato.E, del resto, quanto devono essere stati bene là in alto, sotto l’ala materna, suadente e infallibile della grande politica?
Del raglio di tre, quattro o cinque asini non si sono mai curati. Figuriamoci.
Neppure quando sono diventati dieci e poi cento nessuno è sceso un quarto d’ora, per scrupolo.Adesso vedo che su questo argine del Musestre siamo in parecchi. Tutti asini, ovvio.
Però con gli zoccoli sulla terraferma a guardare – personalmente con tristezza, ma senza pena – cose già antiche che galleggiano via.
Gianni Favero