A leggere le 76 pagine della relazione tecnica affidata dal Comune di Roncade allo studio Alia, di Mogliano Veneto (Treviso) relativa al progetto di ampliamento dell’azienda “Suinal” in via Principe, a Musestre, si dovrebbe giungere alla previsione che il piano abbia ben poche possibilità di essere portato a termine.
Per molte ragioni, tra cui spiccano lacune nella sua formulazione che paiono agli analisti quasi dimenticanze su questioni che, invece, dovrebbero essere fondamentali.
Il progetto avanzato dal proprietario dell’allevamento esistente, Luigi Merlo, dovrebbe portare la capacità dell’allevamento da 11 mila a 36 mila animali, di cui 30 mila suinetti in svezzamento. Una estensione molto vistosa, dunque, rispetto alla quale le contrarietà sono raccolte in più categorie.
Fra queste spicca senz’altro il fattore degli odori. Vicino al confine del Parco del Sile, i consulenti comunali fanno presente che l’”impatto odorigeno”, nome elegante conferito alla puzza, può “interferire pesantemente con zone destinate alla valorizzazione di attività di turismo rurale, di fruizione scientifica e didattica, di fruizione ricreativa”. Il riferimento alla didattica riconduce, necessariamente, alla vicinanza con le strutture scolastiche di H-Farm (il Campus). Ma non solo. Le temute presunte esalazioni potrebbero indurre “notevoli perdite economiche dovute alla riduzione di clientela” ad attività di ristorazione e ricettive nel comune di Roncade e nei comuni limitrofi. Ancora, si legge nel documento, per i disagi olfattivi provocati va tenuta presente “la svalutazione immobiliare che dovranno affrontare le abitazioni limitrofe”.
Altro tema contestato è quello del prelievo d’acqua dal sottosuolo, 160 mila metri cubi l’anno, cioè 5 litri al secondo, da un pozzo artesiano non precisato e non descritto. I tecnici di Alia osservano che “nessuna valutazione viene effettuata riguardo alla cospicua attività di adduzione e alla collegata possibilità di fenomeni di subsidenza indotti”, cioè non si considerano i rischi di abbassamento del suolo dovuti all’estrazione d’acqua.
Così come sembra non entrare nell’analisi dei proponenti la questione del rischio idrogeologico, vale a dire cosa accadrebbe in caso di alluvioni o della rottura, ad esempio, di un argine del Sile o del Piave. Mancherebbe, cioè, “la valutazione degli scenari di possibili danni agli addetti, alle strutture e agli animali presenti” e della “possibile dispersione di inquinanti data dal dilavamento incontrollato di escrementi e letame o altri sottoprodotti zootecnici”. Insomma, dove l’ipotetica esondazione porterebbe il materiale.
C’è poi la questione del consumo di suolo. Oggi la superficie coperta è di 11.500 metri quadrati che triplicherebbero con l’ampliamento, con tutto ciò che deriva dalla perdita di permeabilità dell’area. Ma “questo argomento – sentenzia la relazione – non viene trattato e valutato in alcun modo”.
E mancherebbero poi ragionamenti connessi all’andirivieni di veicoli al servizio dell’attività, due mezzi pesanti e 50 autobotti al giorno su strade da condividere con altre aziende e con gli abitanti. Qui non si sarebbe pensato a studiare più attentamente il fenomeno ed a rafforzare le sedi stradali interessate.
L’analisi poi continua con interrogativi non risolti sugli effetti dello spandimento dei liquami, considerando anche la presenza nelle vicinanze di realtà imprenditoriali simili, e sull’assenza di interventi di mitigazione degli impatti ambientali e paesaggistici, distruggendo, anzi, segmenti di siepi esistenti, per poi proseguire su questioni più tecniche rispetto alle quali lo studio dell’azienda proponente viene generalmente ritenuto troppo superficiale se non condotto con metodi privi di valenza scientifica.
L’amministrazione comunale, in conclusione, propone alla Provincia di Treviso di convocare per ulteriori confronti il Parco del Sile, il Comune di Quarto d’Altino (vicino ma a quanto pare escluso dalle attenzioni del progettista), il Distretto idrografico delle Alpi Orientali, la Regione Veneto e il Genio Civile di Treviso.