Far slittare oltre il 2035 la data da cui vietare i motori a scoppio per auto «fa tirare un sospiro di sollievo. Qualcuno finalmente, in Europa, ha cominciato a ragionare. Che poi bastava osservare quello che sta accadendo al mercato dell’auto».
Bruno Vianello, fondatore e presidente di Texa, azienda di Monastier (Treviso) della diagnostica per l’automotive e, da qualche anno, a sua volta impegnato nei propulsori elettrici (ma di livello ben aldi sopra del mercato ordinario), su questo non ha dubbi.
L’orientamento Ue di spostare almeno al 2040 il limite entro cui si potrà fabbricare motori a scoppio, ormai dato per acquisito, secondo l’industriale trevigiano restituirà un po’ di linfa a un mercato da molti anni atrofizzato e farà prendere qualche decisione a chi, con auto obsolete, da un bel po’ si limita a «tirare avanti» nell’incertezza delle decisioni comunitarie. «Intendiamoci – premette Vianello – per me più veicoli vecchi ci sono in giro meglio è perché si guastano spesso, le officine lavorano e comprano i miei dispositivi. Ma, al di là di questo, sono sempre stato convinto che puntare tanto velocemente sulla trazione elettrica significasse solo consegnare tutto o quasi il mercato dell’auto ai cinesi.
Meglio di loro le auto elettriche di massa nessuno le sa costruire mentre, al contrario, sono in difficoltà nel produrre endotermici di qualità accettabile. E anche decidessimo, in Europa, di dedicarci alle auto elettriche con altrettanta convinzione, con gli orientali dovremmo comunque fare i conti, perché il business delle batterie con le miniere di terre
rare necessarie è già tutto in mano loro».
La visione del patron di Texa, in ogni caso, è tutt’altro che regressiva in modo radicale. Conoscendo bene le performance di un propulsore elettrico e il punto d’incontro con le altre qualità di un ottimo endotermico la soluzione migliore, sostiene, non può che essere l’ibrido. «Possiamo usare una batteria che ingombra e pesa meno di un quarto degli accumulatori richiesti da un’auto elettrica pura, il costo della vettura sarebbe contenuto,
paragonabile a un modello a scoppio classico e, per dipiù, non si svaluterebbe così rapidamente al decadere della batteria. Dal punto di vista industriale –aggiunge – potremmo continuare a valorizzare la filiera della componentistica endotermica su cui non abbiamo concorrenti».
Pur consapevoli che, presto o tardi, sull’elettrico si deve andare.
Non per nulla da Texa uscirà a breve l’‘E-Diag Charger’, strumento di diagnosi per certificare lo stato degli accumulatori bypassando il software delle case costruttrici.
Gianni Favero – Da “Corriere del Veneto” del 14 dicembre 2025

