Come spesso accade lo sdegno furibondo della prima ora si è rapidamente dissolto, il desiderio imperioso di una giustizia rapida e implacabile verso chi ha danneggiato il campo di basket nuovo di San Cipriano ha lasciato posto ad una sostanziale dimenticanza di quanto accaduto.
Il che non significa che non rimangano aperti interrogativi sul perché e sul cosa fare. Su quello che un episodio simile può suggerirci e come, paradossalmente, poterne fare tesoro per illuminare angoli della nostra comunità evidentemente non compresi.
Una riflessione arriva oggi da Giovanna Cecchinato, roncadese impegnata in campo educativo.

Gentile redazione di Roncade.it, rispondo volentieri alla vostra richiesta di approfondire il mio commento all’intervento fatto da Marco Tiseno riguardo gli atti vandalici al nuovo campetto di basket di San Cipriano. Io lavoro con i ragazzi da 16 anni e confermo che ogni anno che passa, la situazione sembra peggiorare, ma non perché i ragazzi d’oggi non vengono presi a bastonate o perché i genitori non li sappiano educare (e qua il primo cortocircuito, visto che i ragazzi, secondo qualcuno, si dovrebbero educare a calci nel sedere, ma guai a dare una tirata di orecchie ad un cane…riflettiamo…).
Dirò una cosa scomoda, ma mi metto dentro anch’io per far meno danno.
LA SOCIETA’ D’OGGI NON LI SA EDUCARE!
LA LORO COMUNITA’ NON LI SA EDUCARE!
La prenderò larga e non sarò breve (me ne scuso), ma in ogni caso il mio semplice intervento è sempre da considerarsi riduttivo rispetto alla complessità del tema. Spero serva almeno da punto di partenza per una seria riflessione comunitaria.Cito le parole di un noto personaggio che in un’intervista disse (riguardo l’uso della tecnologia e del cellulare in particolare):
“…i nostri figli, non sono nella nostra stessa realtà. Il problema di questa nuova “disposizione” che abbiamo, ha creato altre realtà. Noi stiamo qui, gli altri non si sa dove stiano. Ormai i genitori lavorano in difesa, non possono più costruire (calcisticamente parlando), giochi per buttare la palla in tribuna e sperare che vengano fuori meno danni possibili. […] Tutte queste realtà, sono realtà in cui viene praticamente annichilito lo spazio e il tempo, perché è tutto veloce, è tutto rapido. Lo spazio e il tempo quasi non ci sono. E se tu ti abitui a vivere in una dimensione dove non c’è spazio e non c’è tempo, da questa parte dove tu vivi realmente, fai una fatica che non finisce mai. Allora non sei più disposto a faticare […] e se non sei disposto a faticare perdi i valori delle cose. Perché il valore delle cose è determinato dalla fatica che fai per ottenerle. Se non fai fatica, tutte le cose che hai non hanno alcun valore e non le difenderai mai e vivrai in un mondo di superficie, dove una cosa vale l’altra. E questo vale sia nei rapporti personali che nei rapporti con gli altri. E questo è micidiale!”Tutto ha perso valore. Ma non solo per i ragazzi…anche per noi adulti. E questo, volente o nolente, si riflette sulle nuove generazioni.
Come non far notare che i molteplici atti vandalici ci sono sempre stati (ricordo 30 anni fa cabine telefoniche bruciate, ad esempio, nonostante i genitori non usassero al tempo metodi prettamente montessoriani credo…), ma ora con i social sempre più persone ne vengono a conoscenza. Ora tutti scandalizzati sulle pagine social del paese, se dei ragazzi lanciano un petardo in piazza, quando ci sono sempre stati i buontemponi che mettevano lo scoppiettante “regalino” dentro la cassetta della posta del povero malcapitato o che imbrattavano i muri dell’ex biblioteca o della palestra (anche quelli atti da non giustificare, sia ben chiaro, e che non vogliono essere una scusante per sminuire il problema, anzi!).Cerchiamo di vedere la situazione da un altro punto di vista. Chiediamoci perché i “bravi ragazzi” esistono. Hanno genitori perfetti? Sono più intelligenti? Vengono bastonati da mattina a sera? Vivono di pane e acqua al primo sgarro? Non credo…Io penso siano semplicemente quelli che hanno dei punti di riferimento positivi. Che sia un genitore, un allenatore, un capo scout, un insegnante, un educatore, un amico…Per chi non ha punti di riferimento è difficile rimanere in carreggiata. Allora diamoglieli questi punti di riferimento! Esistono delle figure preposte, competenti, che sanno come
muoversi.
Si chiamano educatori di strada…investire prima per non aggiustare dopo è sempre la soluzione migliore. Essere lungimiranti, non pensare solo al “qui ed ora”.E torno all’inizio del mio intervento. Siamo una comunità? Allora quei ragazzi devono essere anche un po’ figli nostri. Ce ne dobbiamo preoccupare come faremmo se sapessimo che il nostro amato nipote, ad esempio, fosse finito in un brutto giro. Troppo facile puntare il dito a danno fatto, ma non essersi mai preoccupati prima di chi fossero questi ragazzi, perché passassero il loro tempo in giro fino a tarda notte o se avessero qualcuno a casa ad aspettarli per una lavata di capo o un abbraccio.
Lungi da me, nel caso specifico del campetto, far intendere a chi legge che i ragazzi non debbano essere messi di fronte alle proprie responsabilità e pagarne le conseguenze (“L’educazione passa anche attraverso l’assunzione di responsabilità”, ha scritto qualcuno nei commenti), ma ci sono gli organi preposti per farlo. Qui il problema è un altro: come evitare che questi eventi accadano in futuro? Possiamo risolvere mettendo telecamere ad ogni angolo del paese? Davvero le punizioni di altri, possono servire da monito? (vi svelo un segreto: se così fosse, nessuno più delinquerebbe, e invece…).
I ragazzi d’oggi davvero non sanno ciò che fanno, anche i cosiddetti “bravi ragazzi” a dirla tutta. Vivono in una dimensione talmente rapida, in cui basta chiedere alla tecnologia qualsiasi cosa senza fare lo sforzo di fermarsi a ragionare, per cui non fanno neppure in tempo a pensare alle conseguenze delle loro azioni che, ahimè,le azioni le hanno già compiute!Occorre anche interrogarsi sul perché le possibilità esistenti non siano attrattive per loro o non siano (magari per motivi logistici o economici) alla portata di alcune famiglie.
Ed è qui che entra in campo la prevenzione, parola molto alla moda per far bella figura, ma che, a conti fatti, non viene concretizzata, se non rende un ritorno d’immagine immediato (ecco che torna il discorso del “qui ed ora” a cui purtroppo ci stiamo tutti abituando)
Non si tratta di buonismo, si tratta di logica. Se previeni il problema, la percentuale di riuscire ad evitarlo aumenta.
Quante cose chiediamo alla pubblica amministrazione per PREVENIRE incidenti, furti, disagi o altro. Perché quando invece si parla di far prevenzione con i ragazzi (sul territorio, nel loro mondo, non solo a scuola….non basta!), diventa tutto buonismo, spreco di tempo e denaro, affar d’altri. I giovani sono un bene comune, come lo sono i bambini, gli anziani e ognuno di noi. Una comunità si definisce tale se collabora nell’interesse di tutti. È vero, come diceva qualcuno, che non siamo in una periferia malfamata di una grande città. Ma stiamo presto a diventarlo, se non si fa PREVENZIONE. Invece di “estirpare”, come suggeriva qualcuno, coltiviamo!Ma si sa, fa più scena la punizione esemplare e la gogna pubblica nell’immediato, che il lavoro silenzioso (e del cui risultato ne godranno quelli che verranno) di persone competenti.