“È ineccepibile, non posso non condividere il punto di vista del presidente di Federmeccanica, Federico Visentin, su chi debbano essere i costruttori dell’automobile elettrica di massa”. Cioè, le grandi case automobilistiche cinesi.
Parole di Bruno Vianello, patron di Texa, il gruppo di Monastier di Treviso diventato grande con la diagnostica per i motori e ora impegnato come fornitore di inverter e strumenti di controllo per propulsori elettrici di altissima gamma per alcuni marchi di prestigio dell’industria automobilistica italiana. Il riferimento è all’intervista apparsa ieri sul Corriere della Sera , in occasione degli accordi sottoscritti tra i governi di Italia e Cina nel corso della visita della premier Giorgia Meloni a Pechino. Se Visentin vede nei costruttori cinesi “gli unici con le tecnologie adatte a una produzione di utilitarie elettriche da 10-12 mila euro che possono fare i grandi numeri”, e che, proprio per questo, sarebbe importante avere uno di quei costruttori in Italia per salvare il “nostro sistema della componentistica”, Vianello, che con gli eredi del Celeste Impero non ha mai avuto un grande feeling, oggi allarga le braccia.
Il che, però, non vuol dire abbandonare il campo, anzi.
Riconosciuto che su batterie e software ora come ora è inutile dar battaglia alla Cina, la formula del presidente di Texa è chiara: “Le utilitarie completamente elettriche per i piccoli spostamenti quotidiani, vale a dire l’equivalente della Fiat 500 negli anni Cinquanta, le produca chi è in grado di essere competitivo sui prezzi e questo non potrebbe accadere se le auto le importassimo con dazi pesanti.
I cinesi fabbrichino pure in Italia le utilitarie a batteria ma, contemporaneamente, si ammetta per legge che per i segmenti di veicoli medi e alti la motorizzazione debba essere ibrida, diciamo per i prossimi 25 anni. Così, per la parte endotermica del motore, assicuriamo il mantenimento della filiera europea dei componenti, che non è seconda a nessuno, e magari, nel frattempo, riusciremo a perfezionare anche la tecnologia del motore a scoppio usando idrogeno o benzina sintetica. Emissioni zero, cioè quello che alla fine si cerca di raggiungere”.
Il piano vischioso sul quale avanza troppo a fatica la motorizzazione green, del resto, pare ben rappresentato dal fiato corto di chi si è buttato anima e corpo da subito sulla trazione elettrica. “Porsche-Volkswagen ha puntato tutto sull’elettrico – sottolinea Vianello – e gli affanni sono evidenti». In sostanza, «non possiamo non metterci d’accordo con i cinesi, ma tenendo fermo il punto che la migliore tecnologia sul motore termico è la nostra e che non avremo difficoltà ad adeguare la componentistica ai propellenti del futuro, idrogeno in primis. L’importante è avere il tempo di mettere a punto i nuovi motori”.