Giovedì 13 novembre, mancano dieci giorni alle elezioni per il rinnovo del governo regionale e questa nella foto è la rappresentazione della febbre politica che innerva Roncade.
Cosa significa l’assenza pressoché totale, ormai a ridosso dell’appuntamento con le urne, di comunicazioni con mezzi visivi da parte dei partiti?
E la mancanza, ad oggi, di presenze fisiche dei principali candidati, anche soltanto per una mezz’oretta, ad eventi di incontro con la popolazione?
E di promozione di eventi tout court?
Qualcosa magari accadrà nei prossimi giorni.
Qualche manifesto sarà affisso giusto perché la spesa è stata fatta.
Lato Lega, almeno un passaggio di cortesia di Alberto Stefani in uno dei Comuni “sottratti” al centrosinistra (… sìsì, è un abuso di linguaggio. E’ solo per capirci …) un anno e mezzo fa magari ci sarà.
Rimane la questione di fondo, che non è un problema ma solo una constatazione: a Roncade nessuno si aspetta sorprese. A Roncade sorprese non ce ne sono mai state.
Ci sarà la solita affluenza al voto né al di sopra né al di sotto della media regionale, ci sarà un consenso per il centrodestra sostanzialmente allineato a quello della parte meridionale della provincia di Treviso e, qualora Fratelli d’Italia ottenesse un vantaggio sulla Lega un po’ più marcato delle attese (pura ipotesi: non è detto che succeda), nessuno andrà a dire che con il sindaco del Carroccio bisogna almeno mettere un assessore meloniano in più.
E’ tutto talmente prevedibile che né Manildo né Stefani andranno a perdere tempo in una città come Roncade il cui unico brivido di partecipata passione popolare, in tutto il 2025, lo hanno portato due inoffensivi vermetti scuri in un piatto di maccheroni.

