Ceccato, Lei ha ragione

Gentile Antonio Ceccato, le risposte si devono sempre dare e dunque eccomi, peraltro molto volentieri.

Il suo intervento verso la fine della serata del 13 febbraio, in Castello, era tutt’altro che fuori posto e la domanda è stata posta in modo netto. Forse troppo netto perché se ne potessero cogliere i significati tra le righe che Lei qui ha richiamato. Il limite è stato il fatto che di tempo non ce n’era più ma, ripeto, la questione da Lei posta era (ed è) assolutamente pertinente con il senso della serata, cioè quello di ricordare nel migliore dei modi la vita e l’eredità lasciata da Carlo Menon.

Il tema è stato da Lei riassunto bene: nel corso dei 20 anni coperti dalle amministrazioni Rubinato e Zottarelli, tra il 2004 ed il 2024, cioè, nel destino dell’area dell’ex Officina Menon c’è stato un andirivieni di disegni.
Con una delibera del 29 marzo del 2008 si era giunti ad un’intesa tra il proprietario privato (famiglia Basso) ed il Comune di Roncade per riqualificare l’immobile e ricavare al suo interno anche una sala polivalente per spettacoli teatrali ed eventi pubblici. Un investimento che, all’epoca, valeva circa 600 mila euro. Se e in quale misura la struttura storica dovesse essere conservata non era indicato; comunque poi giunse la crisi finanziaria globale deta dei “mutui subprime” e alla sua conclusione il mondo non era più come prima.
Il 20 luglio del 2015 il Consiglio comunale esaminò un nuovo progetto, più contenuto, in cui Immobiliare Roncadese – questo il nome della società proprietaria – poteva costruire nell’area volumi per 3.900 metri quadrati ricavando dagli spazi interni strutture ad uso direzionale e commerciale, a fronte di un sostegno finanziario a progetti pubblici per 93 mila euro. La sala polivalente era già stata accantonata ma fra gli impegni del proprietario vi era quello di ricostruire parzialmente i locali produttivi delle vecchie officine Menon e di conservare la sirena che, per decenni, ha scandito i momenti di entrata ed uscita delle maestranze dalla fabbrica.

Anche questo, comunque, a meno di informazioni che non abbiamo, pare un argomento in seguito depennato.

Ad ogni modo, le questioni che Lei credo abbia voluto porre sono due:

1 – Fino a che punto il proprietario di una struttura storica ma non vincolata da enti superiori (Soprintendenze), come la vecchia fabbrica, può essere condizionato nella definizione dei suoi legittimi progetti?

2 – Fino a che punto un’amministrazione pubblica, in questo caso un Comune, può andare ad interferire sui progetti di riqualificazione di un imprenditore privato?

Su questo Lei – che peraltro è pure giornalista – è creditore di risposte.

Un’ultima questione, con una domanda che sono io a porre a Lei.
Nell’ultima parte della Sua lettera Lei immagina un “museo, con l’esposizione di progetti, prototipi ed altre opere del genio pioniere dell’automobile, compresa una copia della mitica vetturetta Rebus”.
Perché parla di una copia e non dell’originale?

Gianni Favero


Oggetto: Presentazione libro su Carlo Menon – Risposta

Egregio direttore,

ringrazio sentitamente per aver dato ospitalità alla mia lettera e rispondo subito al quesito finale, in riferimento alla “copia” della vetturetta Rebus da me citata al posto dell’originale.
Il tutto parte dalla conclamata ritrosia degli eredi (per usare un eufemismo) a consentirne la pubblica esposizione.
Il secondo punto è un fatto curioso, emerso dall’autobiografia di Bibi Fattori “Il sapore amaro di un sogno”, con foto e didascalia a pag. 36. Nel 1963 la mitica vetturetta venne sottoposta a restauro a Meolo, presso l’officina di Gino “l’inventore”, ad opera dei maestri carrozzieri Denifle Fattori, padre di Bibi e Guglielmo (Memo) Sgnaolin.
Una ghiotta occasione, col senno di poi, per salvarne la memoria.

Carlo Levi scrisse: “Le parole sono pietre”. Mi sento veramente sollevato, avendo potuto chiarire il significato del mio intervento, evitando così malevole insinuazioni ed arbitrarie interpretazioni. Nell’epoca delle Fake news e della “post-Verità” (definizione alquanto pericolosa, direi) di tutto c’è bisogno tranne che seminare zizzania.
Grazie ancora ed un cordiale saluto.

Antonio Ceccato