Eravamo rimasti all’estate del 2016. Passa un anno abbondante senza informazioni, e, nell’ultima seduta del Consiglio comunale del 2017, il 18 dicembre, l’allora capogruppo della lista civica di minoranza Cittadini di Roncade, Ivano Sartor, chiede aggiornamenti al sindaco.
Gli risponde il vice, Giorgio Favero, con una “novità importante – scrive Sartor in un suo intervento pubblico – che ritengo abbastanza sconcertante. Favero ha detto esplicitamente che non si tratterà più di un Outlet, ma di un Centro Commerciale. Un po’ speciale, che punterà a prodotti di eccellenza. Insomma. Se non è zuppa è pan bagnato… E’ l’ingloriosa fine di un’avventura avviata dal sindaco Simonetta Rubinato, con un azzardo che poi ha lasciato in eredità alla sua successora”.
Il profilo che pare emergere, a questo punto, è che l’Arsenale sarà sì un Centro commerciale, ma “di eccellenza”.
Vuol dire con un presidio alimentare meno impattante che nei classici “Iper” e di fascia medio alta, e successioni di negozi in cui non si troveranno mai oggetti replicati dalle televendite. E non è neppure escluso che fra questi vi sia qualche insegna semplicemente trasferita da locali del centro storico, viste le proposte avanzate da Cushman & Wakefield Italia (filiale nazionale della omonima società di Chicago, è questo il nome del gestore) ad operatori locali del commercio.
Non serve far notare che, oggi, sette anni più tardi, la dinamica che si osserva è semmai opposta.
Il 3 marzo del 2018 arriva la precisazione sull’operatore alimentare in arrivo: si chiama Aldi ed è una storica insegna tedesca che dovrebbe inserirsi in una nicchia fra Lidl ed Eurospar, per citare i più vicini, con il pane fresco, il non food e la variante in più di un angolo caffetteria.
Passa un mese ed il 6 aprile la proprietà invia l’annuncio ufficiale.
L’Arsenale aprirà entro il 15 settembre essendo stata “completata la commercializzazione delle medie superfici”.
E in dieci anni deve anche essere aumentata di molto la popolazione locale, dato che i 100 mila abitanti che nel 2007 avrebbero potuto raggiungere il sito in 30 minuti (vedi puntata n.2), ora sono molti di più. Il bacino stimato dal Gruppo Basso sale infatti a “circa 185.000 abitanti nei 20 minuti di percorrenza (214.000 se si considera anche l’autostrada)”, caratterizzato peraltro da “un reddito pro-capite elevato rispetto alla media nazionale”.
In totale, si promette, su una superficie lorda affittabile di 17 mila metri quadrati, si troveranno circa 50 esercizi, suddivisi tra abbigliamento e accessori, articoli per la persona e per la casa, ristorazione. Una componente significativa sarà anche riservata ai servizi, tra i quali si distingue una clinica dentale affiancata da ottica, telefonia, parafarmacia, parrucchiere e lavasecco.
“La scelta di collocare la spesa quotidiana in uno spazio ad alto contenuto di design e innovazione, progettato dallo studio internazionale di architettura Chapman Taylor, coadiuvato a livello locale dall’architetto John Visentin – dichiarano delegati di Lefim – è senza dubbio qualificante”.
Il sindaco Pieranna Zottarelli vede nell’imminente apertura “l’occasione di cogliere opportunità per un nuovo sviluppo dell’artigianato e del commercio roncadese che vanta realtà straordinarie e di grandi capacità. Da qui la speranza di dar vita a nuove forme di autoimprenditorialità giovanile e femminile”.
La struttura non apre il 15 settembre ma giovedì 27 settembre e nell’area della rotatoria dei “tombotti”, nel frattempo ampliata come da intese tra Comune e proprietà, è l’ingorgo. L’unico registrato nella storia del polo commerciale.
Passa un anno ma l’Arsenale non scalda i cuori. I visitatori non trovano le griffe di profilo medio-alto che probabilmente cercano, l’offerta non è all’altezza di quella di insediamenti vicini e già ben avviati, a Silea e a Olmi.
Soprattutto, mettono a disagio serrande su spazi commerciali interni che ancora non si aprono. La volonterosa serie di spettacolini interni nei week end, soprattutto destinati ai bambini, vivacizza un po’ l’ambiente, e nel marzo del 2019 si prova addirittura a far svolgere il “Processo alla vecia” in uno degli androni del grande ferro di cavallo.
Provocando l’irritazione di un gruppo di commercianti del centro storico, già contrariati dal fatto che, per la fine del carnevale precedente, i carri allegorici furono fatti partire e ritornare proprio dal parcheggio dell’Arsenale.
Così si assiste ad un buffo dibattito tra una “vecia” ufficiale, Isoina Brutopeo, e una corsara, Riccarda Selvadega, la quale esige un processo proprio da celebrare nel centro del paese rivendicando, in questo modo, la sua più rispettabile genuinità.
E’ una vicenda grottesca e ancora più imbarazzante è il modo con cui viene presa sul serio e portata all’esasperazione. Vista da oggi si stenta a crederci.
Sindaco e istituzioni “sposano” senza riserve la causa della Brutopeo e si lasciano andare – benché mai coinvolti nella narrazione e già innervati di tensioni per il vicino rinnovo amministrativo – a ineleganti esternazioni pubbliche sopra le righe quando la curiosa tenzone finisce sui giornali.
I negozianti del centro storico ridacchiano, tengono la posizione e invitano rumorosamente la popolazione a raccogliersi attorno alla loro Selvadega.
Ma siamo in Italia, alla fine il tutto si riduce in operetta. Tra le parti si concorda tacitamente una asincronia degli appuntamenti. Così, verso le 19,30 i commercianti daranno fuoco ad una sagoma di cartone sul marciapiede di fronte ad una ventina di persone, e, un’ora dopo, nell’innaturale spazio di un centro commerciale deserto, partirà una stiracchiata quanto innocua “vecia”.
Tutto questo è una barzelletta, e comunque niente in confronto al clima che ci sarà alla stessa data di un anno dopo.
(5 – continua)