Ladri di angurie, siringhe bollite e tiraossi

Avete uno smartphone? Usate mai la funzione registratore? Fate questa esperienza. Cercate un bar o locale pubblico in cui siano solite soffermarsi persone anziane, diciamo intorno agli 80 anni. Se cominciano a parlare tra loro cominciate a registrare.
Non è spionaggio, il luogo è comunque accessibile a tutti.
Poi, una volta a casa, riascoltate e trascrivete.
Potreste ottenere un’immagine di paese “tridimensionale e colorata” più nitida e calda di qualsiasi foto d’epoca.
Sempre, ovviamente, che nella vostra vita abbiate già raggiunto quella fase in cui si inizia a percepire come pregnante il valore della memoria.
Non capita a tutti: abbandonarsi all’eterno presente scandito dall’effimero evolversi di chat e social è la tendenza crescente. Ma se non siete ancora del tutto travolti dal precipitare del tempo digitale, la vostra registrazione segreta potrebbe portarvi in un tempo in cui a Roncade accadevano cose piccolissime e gustose come queste tratteggiate qui sotto.

Una banda di ragazzini che faceva capo a tale Nero Voltarel (soprannome, come per la gran parte dei protagonisti) d’estate andavano a rubare le angurie da un orto sulla riva destra del Musestre, grosso modo nei dintorni dell’attuale casa di riposo. Ma un’anguria pesa, è difficile scappare portandosela appresso. Perciò la si affidava alla corrente del fiume lasciandola galleggiare fino a dei complici a valle che l’avrebbero recuperata.
Nel Musestre si imparava a nuotare. I principianti potevano prendere confidenza con l’acqua salendo a cavalcioni di compagni più vecchi che nuotavano “a morto”.

A Sant’Antonio c’era una processione che arrivava fino al capitello di Borgo Garibaldi (poco più in là del distributore Q8, esiste ancora), dove attendeva seduta un’anziana di nome Speranza. La sua specialità era far andare via le verruche. Pare non sbagliasse mai.
Per necessità “ortopediche” c’era invece la tiraossi Angela Schiavon. In osteria ordinava sempre un bicchierino di grappa perché sosteneva glielo avesse ordinato il dottore.

La signora Maria Rocca era geniale nelle iniezioni. Il comò di casa sua ospitava la successione dei vari farmaci destinati a pazienti diversi, tanto andavano tutti da lei. Aveva un unica siringa e un unico ago, da far bollire al termine di ogni servizio. Si dice non si confondesse mai con i medicinali. Se qualche volta sia accaduto, nessuno ha presentato esposti. Comunque arrotondava vendendo anche latte.

Prassede Brusatea andava a bottega con due uova per cambiarle con dell’olio con cui condire il radicchio del marito, la sera a cena.

Per tornare alla grappa, esistono forti ragioni per ritenere che “quella buona fatta in casa” contenesse alcol metilico in quantità spropositate. Ma poteva anche non essere bevuta.
Tale Dino Nespolo la usava a volte come carburante per la sua moto.

Enni dea Giulia la moto non ce l’aveva e per andare a Marostica a comperare qualche chilo di ciliegie usava la sua bicicletta. Diceva ne valesse la pena.

Giocare a calcio era un privilegio per i residenti ricchi della piazza che potevano comperare un pallone. Ad una partita tra scapoli ed ammogliati tale Battista Donati si dice sia sceso in campo con giacca, camicia e cravatta.
Scherzo o affermazione di uno status?

Il cavalier Pellegrini prediligeva il biliardo e amava avere pubblico. Perciò spesso ordinava che fosse portato un vassoio di cioccolatini per i suoi tifosi. Una volta arrivarono però cioccolatini purgativi.
Scherzo o ritorsione di qualche avversario umiliato?

E che dire poi di …