Dopo un secolo a fare l’alba sfornando filoncini e ciabatte, con l’inizio del 2023 chiude Cimenti, uno dei due panifici storici di via Roma a Roncade.
Il perché fondamentale rimane uno solo. I figli di Fiorenzo – Marco e Massimo – non hanno intenzione di proseguire l’attività del padre giunto all’età pensionabile.
Anche se Massimo ha coadiuvato il genitore in panificio per 22 anni, ora preferisce avere una vita meno dura, non più legata alle levatacce e ai sacrifici che ha comportato quella paterna.
“Per dare in gestione a terzi l’attività, avremmo dovuto rimettere a nuovo l’intero negozio – commentano in famiglia – e sarebbe stato un investimento massiccio che non intendiamo affrontare. Negli ultimi anni ci siamo già impegnati rinnovando il magazzino, il registratore di cassa e il punto vendita. Inoltre Massimo avrebbe avuto bisogno di un aiuto, ma di panificatori qualificati se ne trovano pochissimi, a costi sempre più alti”.
La bandiera bianca è stata issata a fine dicembre, con l’inevitabile impoverimento per un’intera comunità e un centro storico che avevano visto il primo forno elettrico per pane proprio lì, quando la gestione era affidata a Raimondo Agnolin, il quale aveva inaugurato il panificio negli anni ’20 insieme al fratello Eugenio.
Separatosi da questo, Raimondo ha spiccato per intraprendenza, qualità e capacità innovative, anche se ha dovuto rallentare a soli 54 anni, colpito da una malattia inabilitante.
Era il 1961 quando Oliviero Cimenti (detto Lero) – un collaboratore di “Mondo” – ha rilevato l’attività e l’ha portata avanti finché è subentrato il nipote Fiorenzo, trent’anni dopo, che ha elevato a simbolo del forno l’immagine sorridente di Lero in bicicletta, con davanti il grande cesto di pane da distribuire nelle labirintiche stradine in cui si divide via San Rocco.
Tutto è partito dal nonno di “Fiore”, Ermenegildo Cimenti, che aveva licenza e stabile in centro a Roncade ma lavorava alla Colussi di Venezia.
Ermenegildo, va detto, era figlio dell’intraprendente imprenditrice Gemma Stocco (la super Gemma, che commercializzava soprattutto galline e uova), e a lungo i roncadesi, riferendosi ai prodotti del panificio, li hanno definiti “el pan de Stocco”, anche se il cognome non aveva davvero nulla a che fare con i lieviti di via Roma, sfornati da Agnolin.
L’incognito aleggia sul futuro dello stabile, anche perché ad oggi i diversi eredi non si sono accordati.
Intanto nei prossimi mesi verrà smantellato tutto, forse anche il piccolo locale murato – dove insiste ancora l’antico forno a legna – al cui interno hanno potuto trovare provvidenziale nascondiglio diverse persone durante l’ultimo conflitto mondiale. Un pezzetto di storia roncadese fatto in briciole nei pressi del ginkgo biloba di villa Grosso, lo stesso delle fronde ritratte nella foto di Lero che, per il momento, ancora sorride in bianco e nero dalla vetrina.
da “Il Gazzettino” di Treviso – 6 gennaio 2023