E'
una stagione politica strana ed anomala fin dalle prime battute quella che inizia nella
tarda primavera del 1990 per lamministrazione comunale di Roncade.
Il 6 ed il 7 maggio si era andati al voto con
alcune novità, in primis il debutto della Liga Veneta, capeggiata da Pietro Zaro, il
quale si era fatto le ossa militando per alcuni anni a Villorba. Poi, oltre ad una Lista
Civica fondata da Bruno Lorenzon, avevano preso dei consiglieri anche i Verdi, oltre ai
consolidati antagonisti del Pci e del Psi.
Dodici all'opposizione, diciotto in maggioranza, tutti Dc. Novecento e passa voti
raccolti dal sindaco uscente, Gabriele Doratiotto, meno della metà per il secondo
classificato. Strada tutta in discesa per la riconferma, dopo già due legislature, più
una iniziale da vicesindaco, del borgomastro di Biancade (ancora non si parlava di
elezione diretta del sindaco)?
Niente affatto. Il declinante scudocrociato,
nellinconsapevole vigilia di Tangentopoli che, nel 1992, ne annienterà lo
scheletro, per questioni locali e mai bene indagate anche a Roncade è sullorlo di
una crisi velenosa.
Per far accettare una sua nuova designazione a sindaco, Doratiotto, appartenente
all'area di pensiero detto "fanfaniano", deve cedere alle condizioni del suo
delfino diventato antagonista, Ivano Sartor, forte di una corrente interna, detta della
"sinistra" altrettanto pesante. I numeri dei consiglieri per l'uno e per l'altro
sono nove ciascuno.
Dopo metà legislatura, è la sostanza del
patto imposto da Sartor, il vecchio dovrà dimettersi e lasciar posto al nuovo. Perché
non subito? Vai a capirlo.
Una spiegazione - o, meglio, una buona serie
di suggestioni - viene da una lettera anonima del luglio 1990 (qui la copia originale in .pdf)
distribuita nella cassetta della posta a molti roncadesi e firmata da non meglio
identificati Amici della Lista Civica e volutamente sgrammaticata, che attacca
Doratiotto il quale, secondo il corvo, non intende mollare losso dato che
ancora cè da rosicchiare. Ora pare che i tempi siano maturi per sedare
un comportamento a dir poco da strapotere; si pensi - si legge ancora - che ogni potere
acquisito da ciascun cittadino è stato finora mercanteggiato, vale a dire tutte le
autorizzazioni commerciali ed edilizie, gli appalti più o meno grandi, fino ai più
svariati intrallazzi che il sindaco ed alcuni stretti collaboratori hanno gestito in certo
modo. Comportamento che non è azzardato definire di tipo mafioso-camorristico che rasenta
la corruzione e concussione.
Il corvo va avanti, dimostrando di
saperla lunga, citando bustarelle collegate alle assegnazioni delle aree in zona
artigianale, spiegando come unarea da 800 lire a metri quadrato abbia assunto un
valore di 18 mila lire, chiamando in causa noti imprenditori trevigiani e anche altri nomi
della politica locale, dallex consigliere regionale ed ex sindaco di Roncade
Gilberto Battistella a Sergio Sartor.
Una burrasca senza pioggia e senza grandine, tuttavia, che si ferma là, sulla
soglia, come un avvertimento appeso a qualche soffitto.
Lunico ad arrabbiarsi davvero, di lì a qualche giorno, sarà Sergio Sartor. Nella
seduta di lunedì 30 luglio, verso la fine, si alza, prende la parola, parla di
terroristi politici e di una politica fatta di fango.
Come finirà la faccenda della lettera?
Doratiotto accuserà Ivano Sartor di averla scritta ingaggiando pure un grafologo, Sartor
querelerà Doratiotto per calunnia e si andrà alla guerra giudiziaria. Poi l'armistizio.
Nel 1992 entrambi usciranno da unaula
giudiziaria sorridenti e stringendosi la mano. Abbiamo scherzato.
Via con la staffetta. |